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Come si addestra un cane per la pet therapy?

La pet therapy è sempre più impiegata in ospedali, carceri, scuole. Ma non solo: tanti sono i benefici con bambini, anziani e pazienti con disabilità

16-04-2019

Allevamento

La pet therapy (in italiano, terapia dell’animale da affezione) ha una storia antichissima: si ritiene che già gli Egizi e i Romani sapessero come gli animali possano essere d’aiuto alle persone malate. Tuttavia, ad utilizzare il termine per la prima volta fu – negli anni Settanta – lo psichiatra americano Boris Levinson, che notò l’effetto benefico che il suo cane aveva su di un paziente autistico.

In epoca moderna, sono stati approfonditi i benefici della pet therapy sui soggetti disabili, su chi è affetto da patologie mentali ma anche su anziani e bambini, sui pazienti epilettici, sulle persone autistiche. Diversi sono gli animali che vengono impiegati, a seconda dei casi: i più diffusi sono però cani e cavalli, con cui fare pet therapy negli agriturismi.

Ma come funziona l’addestramento per la pet therapy, nel caso di un cane?

L’addestramento di un cane per la pet therapy

Prima di pensare all’addestramento per la pet therapy, bisogna focalizzarsi sulla scelta dell’animale. Quando si parla di cani per la pet therapy, si parla infatti di un lungo percorso: un amico a quattro zampe scelto per la terapia è frutto di uno studio genetico – che va a ricercarne i tratti comportamentali -, della giusta scelta dei genitori (che devono essere sani, e privi di difetti genetici), di una gestazione priva di traumi e di stress.

Una volta nato, poi, il cucciolo dovrà avere una vita stimolante, non mostrare comportamenti mordaci da contenere o aggressivi, dimostrare d’essere socievole con l’uomo. Quando accertata la sua idoneità, si potrà procedere con l’addestramento per la pet therapy: per diventare un professionista degli Interventi Assistiti con Animali (IAA) è necessario frequentare corsi di pet therapy e superare un test atto a verificare che la coppia conduttore-cane sia idonea a entrare in un programma terapeutico.

In genere, i cani vengono poi impiegati per tutte quelle terapie che richiedono attività di gioco, di sollecitazione sensoriale, di collaborazione. E apportando numerosi benefici ai pazienti, considerata la loro capacità di favorire il benessere psicologico, di contrastare solitudine e senso di alienazione, di ridurre il livello di stress, di favorire il sentimento empatico, e di aumentare il senso di responsabilità.

Perché scegliere un cane per la pet therapy?

Non si fa solo con i cani, la pet therapy: ad essa si prestano anche cavalli, asini, gatti, conigli. Tuttavia, è proprio il cane l’animale più largamente impiegato. Perché? Perché è uno tra i pochi animali capaci di riconoscere un’autorità esterna, pur preservando la sua personalità. E poi perché ha la predisposizione ad imparare, è addestrabile grazie ai diversi corsi da praticare, ed è un fedelissimo accompagnatore per l’uomo: basti pensare ai cani guida per i non vedenti, o ai cani poliziotto.

A livello di razze, spesso i cani per la pet therapy sono i cani da diporto, che – per loro stessa natura – sono più inclini ad apprendere tutto quanto è necessario per svolgere un compito così delicato. Tuttavia, a contare è soprattutto il carattere: i cani più adatti hanno il desiderio di interagire con l’uomo e di partecipare alle sue attività quotidiane, hanno istinto collaborativo, capacità di collaborare, curiosità e giocosità naturali.

Impiegati generalmente nelle terapie per anziani, bambini, persone con disabilità e malati psichiatrici, i cani per la pet therapy possono essere coinvolti in tre diversi ambiti:

  • AAA (Attività Assistita con Animali, ad esempio nelle carceri),
  • TAA (Terapia Assistita con Animali, negli ospedali e nelle case di riposo),
  • EAA (Educazione Assistita con Animali, negli asili e nelle scuole).

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