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Filati e tessuti - trattamenti
Ileana De Mola
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10 mesi fa
Azienda dove si trova professionalità in un clima collaborativo e sereno. Esperienza personale positiva.
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nello piccirillo
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1 anno fa
La Vespa blu Ma il momento più importante per un ragazzo di fine anni ’70, il passaggio da bambino a “ragazzo” appunto, era lo scoccare del quattordicesimo compleanno, che significava il via libera alla guida del motorino. Ci volevano quattordici anni, la foto vidimata in delegazione, e poi via, a zonzo per le strade. Naturalmente ci voleva il mot...
La Vespa blu Ma il momento più importante per un ragazzo di fine anni ’70, il passaggio da bambino a “ragazzo” appunto, era lo scoccare del quattordicesimo compleanno, che significava il via libera alla guida del motorino. Ci volevano quattordici anni, la foto vidimata in delegazione, e poi via, a zonzo per le strade. Naturalmente ci voleva il motorino. E Piero il motorino ce l’aveva e lo guidava dall’età di dieci anni. Era un Motorella Benelli. Lo avevano regalato a sua zia le case discografiche presso cui comprava la merce per il negozio, tanta merce comprata e tac, il Motorella in regalo. Ma la sorella grande non girava più in motorino, era già sposata ed aveva un figlio, e l’altra sorella aveva la vespa blu. Quindi il motorella toccò a Piero, quando aveva dieci anni, e lo guidava per le strade del centro residenziale a lago dove non venivano mai i carabinieri ed era proprietà privata. Il Motorella non gli piaceva, a lui piaceva la Vespa blu. Il Motorella era piccolo, con le ruote piccole, il classico miniscooter da portare in barca o sul camper. Al centro del telaio aveva uno snodo che permetteva di piegarlo in due. Andava anche pianissimo, gli altri bambini con le biciclette lo superavano tutti. In salita annaspava. Consumava miscela al due per cento. Non potendo uscire fuori dal centro residenziale, la miscela la comprava il giardiniere e poi la portava in una tanica a Piero, allora i distributori avevano una pompa col miscelatore a manovella, meccanico. Il Motorella fece una brutta fine, spaccato in due. Infatti Piero continuò ad usarlo per molto tempo, tutta l’adolescenza, durante la quale, continuamente, provava ad impennare la ruota anteriore. Fu così che un giorno, di ritorno a casa, lo snodo centrale del telaio, dopo tante sollecitazioni, cedette, con Piero che guidava. Il Motorella si divise in due, ruota anteriore e manubrio un pezzo, motore e ruota posteriore l’altro. Però andava anche molto lento, e Piero non cadde né tantomeno si fece male, semplicemente da seduto alla guida si ritrovò in piedi di corsa attaccato al manubrio, mentre la porzione posteriore del Motorella era rimasta cento metri indietro. A Piero non restò che tornare a casa a piedi trascinando prima una porzione, quindi, tornato indietro, l’altra. E così morì il Motorella. Ma questo fu anni dopo. Il vero obiettivo di Piero era la Vespa. Già la sorella maggiore aveva posseduto una Vespa, rosa, ma l’aveva venduta. Poi era arrivata la Vespa blu notte per la sorella di mezzo, sempre tre marce, sempre faro tondo. Fu pagata sessantamila lire. La prima volta che la guidò era piccolo, minuscolo, accese il motore con un colpo di piede e si inerpicò sulla rampa del garage di casa di via Rovani. A metà salita però la seconda marcia era troppo lunga per la pendenza e dovette scalare in prima, con un movimento di polso innaturale che tutti i vespisti conoscono. La manovra non riuscì, la Vespa si fermò e Piero cadde, travolto dal peso dello scooter. E questa fu la prima volta che Piero guidò una Vespa. Arrivati i quattordici anni, finalmente, a Piero toccò la Vespa blu, che l’estate al centro residenziale già usava, mentre alla sorella, oramai grande, la 126 gialla della madre. Non prendeva tutti i giorni la Vespa, Piero, mancavano i denari, la paghetta settimanale era di 500 lire e bastava a malapena per un litro di miscela. Ma il week end era sempre in giro a scorrazzare e col passare dei mesi cominciò a prenderla anche durante la settimana, investiva in carburante tutti gli extra. Qualche sera usciva con gli amici adducendo alla madre una scusa, e invece andava a succhiare la benzina dalle macchine in sosta. Una volta furono sorpresi e dovettero darsela a gambe, abbandonando il serbatoio del motore marino dello zio di Piero sul posto, gonfio di benzina, troppo pesante per sollevarlo e correre. Lo zio di Piero s’incazzò tantissimo della sparizione, ma a Piero sai quanto gliene fregava. Il serbatoio Piero lo aveva preso dal garage della zia, dov’era parcheggiato il gommone e tutto il resto: Piero aveva le chiavi del garage della zia, che divenne
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