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Sushi e Sashimi: quali sono le differenze?

Sushi e sashimi vengono spesso confusi eppure non sono esattamente la stessa cosa. Scopri qual è la differenza e come gustarli.

18-07-2018 (Ultimo aggiornamento 16-10-2018)

Mangiare bene

Da qualche decennio a questa parte, la cucina giapponese ha conquistato in poco tempo tutto l’occidente e si è fatta apprezzare in tutto il mondo per la leggerezza dei piatti, la finezza delle porzioni belle esteticamente e allo stesso tempo dal gusto delicato ed infine il grande apporto nutritivo che sono in grado di dare, grazie al connubio tra riso, alga nori e pesce.

Tra i piatti della cucina giapponese in particolare spiccano il sushi e il sashimi, due piatti a base di pesce fresco che viene servito sotto forma di bocconcini di piccole o medie dimensioni. Il sashimi in particolare, spesso è stato confuso con il sushi ed è stato erroneamente inserito nella stessa categoria. Per quanto in apparenza questi due piatti possano sembrare simili, in realtà la differenza tra sushi e sashimi è molto marcata.

Qual è la differenza tra sushi e sashimi? Quali sono gli ingredienti e soprattutto come devono essere gustati? Vediamolo nel dettaglio.

Il sushi

Sulle origini del sushi si sa poco: nato come metodo di conservazione naturale del pesce, che veniva marinato assieme a sale e riso per mantenere a lungo la sua freschezza, nel corso dei secoli questo processo di fermentazione è diventato a poco a poco più breve per diventare il sushi che conosciamo oggi. La nascita del sushi moderno risale infatti al diciannovesimo secolo quando comparve a Edo (antico nome di Tokyo) un piatto a base di riso, pesce e alghe. Il sushi appunto. Per vederlo arrivare in occidente dobbiamo aspettare il secondo dopoguerra: l’anno è il 1953, anno in cui il principe Akihito fece assaggiare il sushi ad alcuni generali all’ambasciata giapponese a Milwaukee. Il resto è storia: dagli States si è diffuso e rapidamente in Europa conquistando in pochi decenni tutto il mondo.

Di sushi ne esistono tantissimi tipi, i più diffusi sono:

  • Hosomaki: dei bocconcini di riso avvolti nell’alga nori e ripieni di pesce, avocado o cetriolini.
  • Uramaki: deliziosi sushi composte da un morbido esterno di riso ricoperto da sesamo o uova di pesce e al centro pesce a piacere (solitamente tonno o salmone).
  • Futomaki: Molto simile all’hosomaki si distingue da quest’ultimo per le maggiori proporzioni e per la possibilità di inserire nel ripieno due o più ingredienti.
  • Nigiri: uno strato di riso pressato sulla cui sommità è posta una fetta di pesce (branzino, salmone, gamberetto o tonno a piacere).
  • Temaki: un cono di alga nori al cui interno viene posto il riso, pesce a piacere e in alcuni uova di pesce o caviale.

Questi sono solo i sushi più richiesti ed in genere anche i più presenti nei menù dei ristoranti giapponesi, ma ce ne sono anche altri molto diffusi in patria tra cui ricordiamo in gunkan e l’onigiri.

Trattandosi di pesce crudo, è importante sottolineare l’importanza della freschezza del sushi: in caso contrario, consumarlo potrebbe avere conseguenze poco piacevoli.

Il sashimi

Il sashimi si distingue dal sushi per l’assenza di un ingrediente fondamentale: il riso, che nel sushi è l’ingrediente più importante. Il sashimi invece altro non è che pesce tagliato a fette sottilissime, nella maggior parte dei casi servito crudo e raramente cotto ( come nel caso del polpo). I tipi di pesce più usati nel sashimi sono il salmone, il branzino, il tonno e il pesce palla (fugu).

Per quello che riguarda l’utilizzo del pesce palla nel sashimi, va precisato che deve essere preparato da mani abili ed esperte. Questo perché il pesce palla in alcune parti del suo corpo contiene un veleno che può portare ad una disintossicazione alimentare e nei casi più gravi alla morte. I cuochi dunque per cucinare il sashimi di pesce palla, devono ottenere un apposito patentino conseguito dopo un apprendistato lungo 5 anni che ne va ad attestare l’abilità con il coltello.

Per capire al meglio la natura di un piatto come il sashimi, dobbiamo risalire all’etimologia del nome. Sashimi significa letteralmente “infilzato” e deriva dal fatto che il pesce nel momento della pesca, viene infilzato direttamente nel cervello facendo morire il pesce sul colpo. Il pesce poi viene direttamente posto sul ghiaccio. Questo tipo di pesca chiamato ike jime, è finalizzato ad evitare la formazione dell’acido lattico nel pesce, rendendo in questo modo la carne del pesce più tenera e buona.

Preparato anche con ingredienti vegetariani come il tofu, lo yuba e la soia, e in rari casi anche con ingredienti a base di carne (molto simile al nostro carpaccio) oltre alla preparazione tradizionale è possibile cucinare il sashimi in due modalità:

  • Basashi: preparato con carne di cavallo cruda tagliata a fette sottili.
  • Tataki: prevede una leggera cottura della carne (pesce o altro tipo di carne) mantenendo il cuore crudo, per dare morbidezza alla carne.

Il sashimi va infine gustato accostandolo oltre all’onnipresente salsa di soia, anche allo zenzero e al wasabi. Questi due ingredienti, oltre che esaltare il sapore del sashimi hanno proprietà antibatteriche e depurative.

 

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