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Cosa sono e come si diventa soci delle cantine sociali

Vere e proprie cooperative, di cantine sociali in questi ultimi anni si parla sempre di più. Ma come funzionano le cantine sociali e chi può entrare a farvi parte?

19-11-2018 (Ultimo aggiornamento 26-11-2018)

Enoteche e vini

È un settore complesso, il settore vitivinicoli. E, tra etichette celebri dei migliori vini d’Italia e vini biologici, può capitare di sentir parlare di vino sociale o di cantine sociali. Con questo termine si identificano le cooperative a cui i soci conferiscono prodotti dei loro vigneti, per la produzione e la lavorazione del vino oppure per la vendita all’ingrosso o al dettaglio.

È dunque ben diversa, una cantina sociale, rispetto a una cantina condotta da un singolo proprietario, da una società, o magari da una famiglia. Funziona come una vera e propria cooperativa, con la tipica condivisione del lavoro e la divisione degli utili.

Come sono nate e a cosa servono le cantine sociali?

Per comprendere il significato di cantine sociali bisogna fare un salto indietro nel tempo. Questo particolare tipo di cantina è nato in Germania, nel XIX secolo. Negli anni Trenta dell’Ottocento, quando ancora non vi erano leggi che disciplinassero le associazioni di agricoltori, un’unione di viticoltori tedeschi iniziò a produrre e a commercializzare il mosto ottenuto dalla pigiatura dell’uva da parte dei suoi soci; ma solo nel 1868, venne promulgata una legge sull’associazionismo agricolo.

In Italia, le cantine sociali fecero capolino alla fine dell’Ottocento. Nel 1891 nacque ad Oleggio, in provincia di Novara, la prima cantina sociale del Paese. Qual è la finalità di una cooperativa di questo tipo? Di fatto, la vinificazione in forma associata si basa sul concetto di economia di scala, e consente ai soci di affrontare spese che, singolarmente, non potrebbero permettersi.

La spesa per le attrezzature di vinificazione, per l’assunzione di enologi, che sappiano trattare vino senza solfiti o aggiungerli quando necessario, e di tecnici esperti, per la pubblicità e la commercializzazione dei prodotti viene suddivisa tra i vari soci: ecco perché le cantine sociali sono maggiormente diffuse laddove le aziende vitivinicole sono piccole, e non possono contare su grandi capitali. Le cantine sociali funzionano proprio così: i soci vengono remunerati in modo adeguato, le aziende gestite in modo trasparente e democratico e – in taluni casi – è possibile accedere a specifici finanziamenti pubblici messi a disposizione dalle Regioni o dall’Unione Europea.

Chi entra in una cantina sociale e quali sono i guadagni?

Come funziona una cantina sociale, a livello di modalità d’ammissione? Essendo una cooperativa di soci che scelgono di unire le proprie risorse e il proprio know-how, per entrarvi è necessario presentare una richiesta e attendere la risposta: le modalità di ammissione, così come le regole da rispettare una volta ammessi, dipendono dallo statuto della singola cantina.

In ogni caso, è necessario portare in cantina l’uva personalmente coltivata, mettendola a disposizione della cooperativa affinché venga vinificata: la lavorazione, infatti, coinvolge le uve di tutti i singoli soci, con i medesimi coinvolti nel procedimento (al di là che l’uva in quel momento disponibile sia la loro o meno). Infine, il prodotto così ottenuto viene imbottigliato e destinato alla vendita. Ideale come regalo singolo per le feste o da inserire nelle ceste natalizie, tale prodotto rientra nelle soluzioni più apprezzate soprattutto in questo periodo dell’anno.  Abbinato a stuzzichini per accogliere amici e parenti o per un ricco pranzo della domenica, non è facile trovare una scusa per godersi i dolci frutti della vendemmia.

Un aspetto rilevante è rappresentato, ovviamente, dai guadagni. Gli utili di una cantina sociale sono quelli che derivano dalla vendita del vino ottenuto. Sebbene ogni cooperativa abbia il suo statuto, in linea di massima tale utile è ottenuto dividendo ciò che si ricava dalla vendita del vino per i singoli soci.

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